Di seguito riportiamo alcuni testi, letti e segnalati dai nostri soci che aiutano a capire il background da cui provengono i minori che l’associazione sostiene. Buona lettura!


Il bambino della Casa N.10

IL BAMBINO DELLA CASA N.10

di Alan Philps, John Lahutsky

Edizioni Piemme

“John va ancora al college, eppure è già alla sua seconda vita. La prima l’ha vissuta segregato in un lettino a sbarre in un istituto di Mosca, una di quelle Case dell’Infanzia ideate da Stalin e ancora esistenti. Trattato come un bambino fallato, come vengono considerati i piccoli che dopo diagnosi frettolose ricevono l’etichetta di idioti. John aveva un altro nome allora, Vanja, anche se quasi nessuno si rivolgeva a lui. Nessun legame con i bambini, questa è la regola per il personale. Nutrirli e cambiarli, senza guardarli, toccandoli il meno possibile. un inferno in terra a cui è condannato chi è destinato all’oblio, e non può nemmeno sperare in un’adozione. Ma Vanja non è ritardato. Vanja è un bambino sveglio, dagli occhi curiosi, ingordo di affetto e di contatti umani, l’unico in grado di parlare nella stanza in cui è prigioniero con una dozzina di sfortunati come lui. E’ grazie alla parola che per lui si accende una speranza. Un giorno una donna, una straniera, si affaccia alla sua stanza e gli regala una macchinina. “Torna ancora” le grida Vanja. Una richiesta d’aiuto che non si può ignorare. La donna, sarah, moglie di un giornalista inglese, è in contatto con associazioni internazionaliche cercano tra mille difficoltà di aiutare quei bambini. Torna Sarah, perchè ci sono promesse che non è possibile disattendere, per nessun motivo. ….”


marmellata-di-prugneMARMELLATA DI PRUGNE

di Patrizia Fortunati

Alieno Editrice

“Distretto di Lelchitsy, 10 ottobre 2077

Avevo quasi otto anni la prima volta che arrivai in Italia.
Pochi per capire cosa stavo vivendo e le conseguenze che quel viaggio avrebbe avuto su di me per il resto della vita. Pochi per capire che non esisteva più solo un mondo, quello che era stato il mio fino ad allora, ma infiniti mondi, infiniti microcosmi intrecciati tra di loro o destinati a non incrociarsi mai.
Eppure ero abbastanza grande da conservare un ricordo nitido di quel 4 giugno. Un ricordo che mi avrebbe accompagnato, sostenuto e consolato per sempre.
Nei miei ricordi di bambina prima, di donna poi e di vecchia ora, di quel giorno ricordo tutto. Ricordo innanzitutto la mia diffidenza. Non capivo perché una famiglia volesse ospitare in casa propria una bambina mai vista, che veniva da un Paese lontano, che parlava una lingua diversa. Mi chiedevo perché volessero una bocca in più da sfamare.
E poi io non volevo andare. Per quanto stessi male a casa mia, quella era la mia casa, il mio mondo. L’unico che avessi mai conosciuto. L’unico che credevo esistesse.”


bianco-sul-nero

BIANCO SU NERO

di Rubén Gallego

Adelphi Edizioni

“Mosca, 20 settembre 1968. Nell’esclusiva clinica riservata ai quadri del Cremlino nascono due gemelli: il primo muore quasi subito, il secondo, Rubén, si rivela affetto da paresi cerebrale. Dopo un anno Rubén viene separato dalla madre e rinchiuso negli speciali orfanotrofi, veri e propri Gulag in cui vengono isolati quelli come lui. Quando agli inizi degli anni Novanta riuscirà a fuggire dall’ospizio per anziani in cui era stato rinchiuso in attesa della fine, Rubén incontrerà la madre e comincerà a raccontare la sua storia. Un libro che, se è cronaca di un’infanzia e di un’adolescenza trascorse in un sistema feroce, è anche una voce che trasforma l’orrore in narrazione e uno sguardo che trasfigura quello stesso orrore in immagini.”